Rivista di informazione del Dipartimento di Ingegneria Industriale

Università di Trento

Da Palermo a Trento: storie di bioingegnere in movimento con l’Erasmus Italiano

Da quest’anno l’offerta di mobilità per gli studenti universitari italiani si è arricchita con il Programma MUR “Erasmus Italiano”. Il Programma punta a supportare la mobilità degli studenti a livello nazionale, favorendo la costruzione di percorsi di studio innovativi e interdisciplinari e rafforzando l’integrazione e la complementarità tra gli atenei convenzionati. Durante il periodo di mobilità, che può variare da un minimo di 3 mesi fino a un massimo di 6 mesi, gli studenti hanno la possibilità di seguire corsi, sostenere esami, svolgere tirocini e condurre attività di ricerca per la tesi di laurea, arricchendo la loro esperienza formativa con le offerte dell’Ateneo ospitante. 

All’interno del Programma, il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Trento ha stipulato una convenzione con il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo, che permette la mobilità di studenti fra i Corsi di Studio della Laurea Magistrale in Bioengineering for Personalized Medicine di Trento e in Ingegneria Biomedica di Palermo. All’interno del Programma, due studentesse del corso dell’Università di Palermo, Cinzia La Mattina e Federica Lo Cicero hanno scelto di svolgere attività di tirocinio e tesi rispettivamente presso il Laboratorio di Smart Health e il Laboratorio Biotech del DII.  Le abbiamo intervistate per raccogliere le loro impressioni rispetto al Programma Erasmus Italiano e per farci raccontare la loro esperienza trentina. 

 

Intervista a Cinzia La Mattina 

Perché hai scelto di partecipare all’iniziativa Erasmus Italiano?

Durante il primo anno della mia Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica mi sono state presentate diverse opportunità per esperienze Erasmus all’estero. Tuttavia, sono rimasta subito affascinata dall’idea dell’Erasmus Italiano: un’occasione per mettermi in gioco, conoscere nuove realtà e crescere personalmente e professionalmente, restando, però, all’interno dei confini del nostro Paese.

Ho scelto di esplorare un’altra dimensione dell’Italia, attraverso il confronto con un’università diversa dalla mia, convinta che anche all’interno del nostro Paese ci siano ricchezze culturali, accademiche e umane straordinarie da scoprire. Credo fermamente che l’Italia abbia un enorme potenziale, dal nord al sud, e che queste esperienze rappresentino un modo prezioso per valorizzarlo e viverlo appieno.

Quali attività hai deciso di svolgere durante il tuo periodo di mobilità?

Durante il mio periodo di mobilità ho deciso di dedicarmi allo svolgimento del mio percorso di tesi e tirocinio. per intraprendere un’esperienza pratica e di ricerca. Sono infatti molto interessata al campo della ricerca biomedica e ho colto l’occasione per approfondirlo in un laboratorio diverso da quello della mia università di origine, ma comunque affine per tematiche e approccio scientifico.

Di cosa ti stai occupando nello specifico?

In questi mesi sto portando avanti un’attività di ricerca che riguarda la caratterizzazione delle interazioni fra battito cardiaco e attività respiratoria con l’obiettivo di individuare marker fisiologici, che possano essere utili nella diagnosi di disturbi mentali come ansia, depressione, schizofrenia e bipolarismo. In particolare, utilizzo tecniche di analisi e parametri quantitativi derivanti dalla teoria dell’informazione, per analizzare come cuore e respiro comunichino tra loro, e come queste dinamiche cambino in presenza di patologie psichiatriche.

Questo lavoro rientra in un ambito di ricerca molto interessante e attuale, la Network Physiology, che studia il corpo umano come un insieme di sistemi interconnessi e dinamici. Tramite queste tecniche è possibile trattare da un punto di vista ingegneristico e quantitativo il complesso rapporto fra corpo e mente, un tema che fin da piccola mi affascina. 

Accanto a questo percorso di tesi, sto svolgendo anche un tirocinio, focalizzato sull’applicazione di tecniche di machine learning e deep learning ai segnali fisiologici. Lo scopo è sviluppare strumenti intelligenti che possano affiancare il medico nel processo diagnostico, offrendo un supporto oggettivo e innovativo nell’ambito della salute mentale.

Un aspetto che sto apprezzando tantissimo è la possibilità di lavorare anche in laboratorio, utilizzando strumenti reali di acquisizione dati, come l’Equivital, un dispositivo indossabile per il monitoraggio in tempo reale dei parametri fisiologici. Mettere mano a queste tecnologie, vedere come funzionano e raccogliere dati reali, ha dato un valore aggiunto alla mia esperienza, rendendola ancora più concreta.

Hai avuto occasione di partecipare anche ad altre attività o iniziative promosse dall’Università?

Sì, oltre alle attività di laboratorio ho avuto la possibilità di partecipare a diverse iniziative promosse dall’Università di Trento, che hanno arricchito in modo significativo il mio percorso formativo. In particolare, all’interno del percorso di Laurea in Bioengineering for Personalized Medicine del DII, ho preso parte a seminari e incontri con aziende attive nel settore della telemedicina e della sensoristica, occasioni preziose per confrontarmi con il mondo del lavoro e scoprire applicazioni concrete della ricerca biomedica. Con gli studenti della Laurea Magistrale ho visitato anche il terraXcube di Eurac Research di Bolzano: un’esperienza preziosa e ispirante in cui ho potuto vedere da vicino una realtà di ricerca davvero unica. Ho preso parte anche al Career Fair, organizzato ogni anno dall’Università di Trento, un evento che rappresenta un’ottima opportunità per chi desidera aprirsi al mondo del lavoro e intraprendere una carriera professionale in azienda, e che mi ha permesso di interfacciarmi direttamente con numerose aziende del panorama nazionale.

Un’esperienza che mi ha coinvolta molto è stata la partecipazione all’IPSP (Industrial Problem Solving with Physics), un’iniziativa organizzata dal Dipartimento di Fisica dell’Università in collaborazione con sponsor e aziende italiane. Durante la prima settimana di luglio, ho avuto modo di lavorare, insieme a un team multidisciplinare, ad una sfida proposta da un’azienda operante nel settore della miscelazione di gas industriali. Anche se il problema non era direttamente collegato all’ambito biomedico, è stato estremamente stimolante: mi ha permesso di mettermi alla prova in un contesto completamente nuovo, esercitando le mie capacità di teamworking, problem solving e adattamento. Questa esperienza si è rivelata profondamente gratificante: insieme al mio gruppo siamo riusciti a sviluppare una soluzione innovativa al problema proposto, portando un contributo concreto che è stato apprezzato dall’azienda stessa. Questo mi ha fatto capire quanto sia importante saper uscire dalla propria zona di comfort, essere flessibili e pronti a collaborare in contesti anche molto diversi da quelli abituali, e si è rivelata una conferma ulteriore dell’importanza di una formazione interdisciplinare e aperta al dialogo tra ricerca e industria.

Qual è stata la tua prima impressione dell’ambiente universitario, ma anche della città di Trento? 

La mia prima impressione dell’ambiente universitario è stata estremamente positiva. Fin dai primi giorni ho percepito un’organizzazione chiara, efficiente e un forte spirito di accoglienza. In particolare, mi ha colpita la disponibilità e l’attenzione dei docenti tutor, ma anche del personale universitario e dei colleghi: è stato facile sentirmi parte integrante di questo nuovo contesto.

Per quanto riguarda la città di Trento, posso dire che è stata una bellissima scoperta. Circondata dalle montagne, è un vero e proprio gioiello: tranquilla ma viva, a misura di studente, ricca di spazi verdi, cultura e possibilità di svago. È il luogo ideale per concentrarsi nello studio, ma anche per godersi il tempo libero in modo sano e rigenerante. Il Trentino in generale offre paesaggi mozzafiato e infinite opportunità per escursioni, sport all’aria aperta e momenti di relax immersi nella natura, esperienze che ho avuto la fortuna di vivere in prima persona e che hanno reso questi mesi ancora più speciali.

C’è un momento speciale di questi mesi di Erasmus Italiano che vuoi condividere?

È davvero difficile scegliere un solo momento, perché questi mesi sono stati pieni di esperienze speciali che porterò con me. Se penso ai ricordi più belli, mi vengono in mente i momenti semplici e autentici vissuti in ufficio, i pranzi condivisi, le escursioni improvvisate durante le pause, le chiacchiere con i miei tutor e professori, che con il tempo sono diventati non solo guide accademiche, ma anche punti di riferimento umani. Essere coinvolta in prima persona nelle attività di ricerca, sentirmi utile e stimata, ha dato un senso profondo a questa esperienza. È qualcosa che va oltre l’aspetto formativo: è un legame, un pezzo di vita che resterà con me.

Un altro ricordo a cui tengo particolarmente è la partecipazione e la vittoria all’IPSP, che mi ha dato una carica enorme e mi ha fatto sentire davvero parte attiva di un progetto concreto. 

Qual è stato l’ostacolo maggiore che hai affrontato durante questi mesi?

Se proprio devo citarne uno… direi la salita di Povo a piedi! (ride) A parte gli scherzi, non posso dire di aver incontrato veri ostacoli durante questa esperienza. Forse l’unico “impegno” iniziale è stato dover riformulare un po’ il mio stile di vita: ho iniziato a camminare molto di più, ad adattarmi a ritmi diversi e a spostarmi a piedi anche per lunghi tragitti. All’inizio è stata una piccola sfida, ma col tempo è diventata una vera abitudine, e anzi, una delle più sane che potessi acquisire. Oggi quella camminata è diventata quasi un momento tutto mio, per riflettere, rilassarmi o semplicemente godermi il paesaggio. Va detto, però, che Trento è una città ben organizzata dal punto di vista dei trasporti: ci sono mezzi pubblici efficienti e frequenti che collegano molto bene il centro con le sedi universitarie, comprese quelle più in alto come Povo. Quindi, per chi preferisce evitare le salite quotidiane, le alternative non mancano!

Rifaresti questa esperienza e la consiglieresti ai tuoi colleghi?

Assolutamente sì! Rifarei quest’esperienza e soprattutto sceglierei ancora Trento come destinazione. È stata un’esperienza che mi ha arricchita sotto ogni punto di vista: accademico, personale e umano. Ho avuto la possibilità di mettermi in gioco, uscire dalla mia comfort zone e allo stesso tempo sentirmi accolta in un ambiente stimolante, dinamico e ben organizzato.

Consiglierei senza dubbio questa opportunità a tutti i miei colleghi, specialmente a chi desidera vivere un periodo di crescita vera, confrontarsi con nuove realtà e aprirsi a possibilità diverse, sia nella ricerca che nella vita quotidiana. È un’occasione per imparare tanto, su ciò che si studia, ma anche su sé stessi. E Trento, con il suo equilibrio perfetto tra studio, natura e qualità della vita, è davvero il posto ideale per farlo.

 

Intervista a Federica Lo Cicero

Perché hai scelto di partecipare all’iniziativa Erasmus Italiano?

Durante il mio percorso di studi magistrale in Ingegneria Biomedica, ho sentito il bisogno di completare il mio percorso universitario con un’esperienza nuova, stimolante e che potesse arricchire il mio bagaglio accademico e personale. Ho scelto l’Erasmus Italiano in quanto volevo dedicarmi alla tesi e al tirocinio in un contesto universitario nuovo, ma comunque all’interno di un sistema accademico che conoscessi e in cui mi sentissi a mio agio. La possibilità di trasferirmi temporaneamente in un’altra sede italiana mi ha permesso di confrontarmi con una realtà diversa dalla mia, con approcci di ricerca differenti, nuove persone e nuove abitudini e allo stesso tempo mi ha consentito di portare avanti il mio progetto di tesi e tirocinio con maggiore serenità, potendo concentrarmi a fondo sui contenuti scientifici, senza dover affrontare, contemporaneamente, anche la sfida linguistica e culturale che un’esperienza all’estero avrebbe comportato.

Quali attività hai deciso di svolgere durante il tuo periodo di mobilità? 

Durante il mio periodo di mobilità a Trento, ho deciso di dedicarmi interamente alla stesura della tesi di laurea e allo svolgimento del tirocinio curriculare. Non ho frequentato corsi universitari, perché ho preferito dedicare questo tempo a un’esperienza più immersiva nel mondo della ricerca, che mi permettesse di approfondire tematiche specifiche del mio percorso di studi in ingegneria biomedica, lavorando a stretto contatto con un team di ricerca e all’interno di un laboratorio diverso dal mio.

Di cosa ti stai occupando nello specifico? 

Durante il mio periodo di mobilità presso l’Università di Trento mi sto dedicando principalmente ad attività di laboratorio e ricerca sperimentale per la mia tesi e tirocinio. Il mio lavoro riguarda la fabbricazione e caratterizzazione di micro e nanoparticelle biopolimeriche per il rilascio controllato di biomolecole di interesse oncologico. Si tratta di un ambito di ricerca estremamente attuale e rilevante, che coinvolge materiali biocompatibili, sistemi microfluidici e applicazioni in ambito terapeutico. L’attività si articola in diverse fasi: inizialmente ho lavorato alla preparazione e caratterizzazione di soluzioni biopolimeriche reticolabili, per poi analizzare la cinetica di reticolazione di idrogel biopolimerici tramite studi reologici. Una parte centrale del mio lavoro ha visto l’utilizzo di diversi tipi di chip microfluidici micrometrici per la fabbricazione vera e propria delle particelle. Attraverso queste tecniche microfluidiche ho potuto realizzare micro e nanoparticelle, successivamente sottoposte a caratterizzazioni chimico-fisiche per valutarne struttura, dimensioni e capacità di incapsulare biomolecole. Nella fase finale del progetto mi occuperò dello studio della cinetica di rilascio controllato delle molecole oncologiche incapsulate, con l’obiettivo di comprendere e ottimizzare i meccanismi alla base del rilascio terapeutico. Questa esperienza mi sta offrendo l’occasione concreta di lavorare in laboratorio in modo continuativo, applicando conoscenze teoriche a un progetto di ricerca reale, con implicazioni importanti nel campo delle terapie avanzate. È un’opportunità che mi sta arricchendo sotto ogni punto di vista, sia tecnico che umano.

Hai avuto occasione di partecipare anche ad altre attività o iniziative promosse dall’Università?

Durante il mio periodo a Trento ho avuto modo di notare che l’Università propone numerose iniziative e attività extra-didattiche, pensate per coinvolgere gli studenti in ambiti anche diversi da quelli strettamente accademici. Personalmente, ho preferito concentrarmi sul lavoro di laboratorio, dedicando la maggior parte del mio tempo al progetto di tirocinio e tesi. Tuttavia, ho partecipato con interesse a un evento molto stimolante, organizzato per i dottorandi del DII, durante il quale ciascuno di loro presentava il proprio progetto di ricerca attraverso un poster scientifico. È stata un’occasione davvero interessante, che mi ha permesso di entrare in contatto con ambiti di studio anche molto diversi dal mio, di ascoltare presentazioni brevi ma efficaci e di comprendere la varietà di approcci e tematiche che animano il mondo della ricerca.

Qual è stata la tua prima impressione dell’ambiente Universitario, ma anche della città di Trento? 

La mia prima impressione dell’ambiente universitario di Trento è stata estremamente positiva. Fin dai primi giorni ho trovato un contesto organizzato, accogliente e ben strutturato, dove è stato semplice ambientarmi e sentirmi parte attiva. In particolare, ho apprezzato molto la disponibilità e la professionalità dei docenti e dei tutor, sempre pronti ad ascoltare, supportare e guidare il lavoro degli studenti. In modo particolare ci tengo a sottolineare la grande disponibilità della studentessa di dottorato e della docente che mi seguono, che si sono dimostrate fin da subito presenti, comprensive e pronte a chiarire ogni dubbio in qualsiasi momento. Il loro supporto costante, sia sul piano tecnico che umano, ha rappresentato un punto di riferimento fondamentale per lo sviluppo del mio progetto, contribuendo a rendere questa esperienza estremamente positiva. Un altro aspetto che ho apprezzato molto è il carattere motivante e internazionale del laboratorio in cui sto lavorando. Ho la possibilità di confrontarmi quotidianamente con dottorandi, post-doc e ricercatori, molti dei quali stranieri, che operano su progetti di ricerca diversi. Questa dimensione multiculturale e scientificamente stimolante ha arricchito profondamente il mio percorso, offrendo spunti nuovi e occasioni di confronto continuo. 

La città di Trento è stata una bellissima scoperta. È un luogo perfettamente a misura di studente: tranquillo ma vivace, circondato da paesaggi spettacolari e con tanti spazi verdi, cultura, servizi efficienti e un’alta qualità della vita. Spostarsi è facile, i trasporti pubblici funzionano bene e le distanze sono tutte gestibili. Trento riesce a offrire l’equilibrio ideale tra studio e benessere: è il posto giusto per concentrarsi sui propri obiettivi accademici, ma anche per ritagliarsi momenti di relax e connessione con la natura. Personalmente, ho vissuto questa città in modo pieno e stimolante. 

C’è un momento speciale di questi mesi di Erasmus Italiano che vuoi condividere?

Più che un singolo momento, ciò che porterò con me da questa esperienza è un insieme di sensazioni, relazioni ed emozioni che hanno reso il mio soggiorno a Trento davvero positivo. Una delle cose che più mi ha colpita e che ricorderò con piacere è senza dubbio l’ambiente del laboratorio, che si è rivelato estremamente inclusivo, stimolante e accogliente. Fin da subito mi sono sentita a mio agio, libera di esprimermi, di fare domande e di imparare, senza sentirmi mai fuori posto. Questo clima positivo ha avuto un grande impatto su di me: mi ha permesso di lavorare con serenità, di confrontarmi con persone molto preparate, di ampliare le mie prospettive professionali e soprattutto di crescere sia come studentessa che come persona. A livello personale, custodirò con grande affetto anche i momenti vissuti fuori dal laboratorio: le gite e le escursioni fatte insieme ai colleghi o ad amici conosciuti sul posto, che hanno reso l’esperienza ancora più umana, vera e ricca. Uscire a camminare in mezzo alla natura, scoprire paesaggi nuovi, condividere una giornata diversa con persone che sono entrate a far parte della mia quotidianità sono stati momenti semplici ma autentici, che mi hanno lasciato un ricordo profondo.

Qual è stato l’ostacolo più grande che hai affrontato durante questi mesi?

Non posso dire di aver incontrato ostacoli particolari durante questa esperienza. Al contrario, è andata sorprendentemente bene, soprattutto considerando che si è trattato della mia prima esperienza fuori sede. Ovviamente, come in ogni nuovo inizio, ci sono stati alcuni momenti di disorientamento iniziale, legati soprattutto alla necessità di adattarsi a un nuovo ambiente, a nuovi ritmi e a un’organizzazione del lavoro differente rispetto a quella a cui ero abituata. Ma, anche in quei momenti, ho avuto la fortuna di essere affiancata da persone disponibili e presenti, in particolare le dottorande del laboratorio, che si sono dimostrate fin da subito pronte a chiarire dubbi, dare indicazioni pratiche e ad orientarmi, sia sul piano tecnico che umano. Questo supporto costante è stato fondamentale per farmi sentire a mio agio fin da subito e per affrontare tutto con serenità. Quindi, più che ostacoli, parlerei di fisiologici momenti di adattamento, che però si sono risolti facilmente grazie a un contesto positivo, accogliente e ben strutturato.

Rifaresti questa esperienza e la consiglieresti ai tuoi colleghi?

Assolutamente sì, rifarei questa esperienza senza alcuna esitazione. È stata un’occasione che mi ha arricchito sotto ogni punto di vista: accademico, personale e umano. Durante questi mesi ho avuto modo di mettermi in gioco in un contesto nuovo, stimolante e ben organizzato, dove ho potuto concentrarmi su un progetto concreto e approfondire tematiche che mi appassionano. L’ambiente universitario di Trento, così come il laboratorio in cui ho lavorato, mi ha trasmesso motivazione, professionalità e apertura, permettendomi di crescere sia nelle competenze tecniche che nel modo di affrontare il lavoro quotidiano. Consiglierei assolutamente questa opportunità a tutti i miei colleghi, soprattutto a chi sente il bisogno di fare un’esperienza pratica, costruire relazioni nuove e confrontarsi con un approccio diverso alla ricerca. L’Erasmus Italiano è una scelta valida e concreta per vivere una mobilità significativa anche all’interno dei confini nazionali, senza per questo rinunciare alla qualità, all’innovazione e alla crescita personale.

 


Erasmus Italiano al DII

A partire dal prossimo anno accademico, le possibilità di mobilità nazionale per gli studenti dei Corsi di Laurea in Ingegneria Industriale si arricchiranno con ulteriori destinazioni. Per gli studenti sarà possibile, oltre allo scambio con l’Università di Palermo, trascorrere periodi di studio presso il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino e l’Università di Roma 3. Le scadenze per la presentazione delle domande saranno nel mese di luglio, per il primo semestre, e di ottobre, per il secondo semestre. Per ulteriori informazioni sul programma Erasmus Italiano è possibile consultate la pagina dedicata all’indirizzo: Erasmus italiano | UniTrento

Ricerca di:

Prof. Giandomenico Nollo
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