Ogni automobilista sa che, periodicamente, è necessario sostituire le pastiglie dei freni perché si usurano. Ma dove finiscono i frammenti generati da questa usura? In parte si depositano sui cerchioni delle ruote – che diventano neri – e ai lati della strada. Tuttavia, questa è solo metà della storia: circa il 50% delle particelle prodotte dall’usura disco–pastiglia finisce in atmosfera, contribuendo all’inquinamento da polveri sottili (le note PM10, PM2,5 e altre) che respiriamo ogni giorno.
Molti potrebbero pensare che si tratti di un contributo trascurabile. Non è così. La quantità di polveri generate dall’usura dei freni è paragonabile a quella proveniente dai gas di scarico, che negli ultimi decenni si sono ridotte notevolmente grazie al miglioramento dei carburanti e dei motori. Per questo, se vogliamo ridurre le emissioni complessive di particolato in atmosfera, è necessario affrontare il problema da più fronti, includendo anche le polveri prodotte dai sistemi frenanti.
Il problema è noto da qualche decennio. L’Unione Europea, già in passato, aveva fissato l’obiettivo di ridurre le emissioni di allora di circa il 50% entro il 2020. In questo contesto nacque il progetto pionieristico Rebrake, finanziato con 2 milioni di euro e condotto in collaborazione tra il Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII) dell’Università di Trento, la Brembo N.V. (leader mondiale nella produzione di sistemi frenanti) e il Royal Institute of Technology (KTH) di Stoccolma. Il progetto si è concentrato sul miglioramento delle caratteristiche delle pastiglie e, soprattutto, dei dischi freno. Questi, generalmente in ghisa, si sono dimostrati meno inquinanti se sottoposti a uno specifico trattamento termico di indurimento, capace di ridurre significativamente le emissioni.
Negli anni successivi sono seguiti altri progetti europei. Lowbrasys ha ampliato la rete di collaborazione a numerose aziende e centri di ricerca europei, adottando un approccio olistico: miglioramento delle prestazioni dei sistemi frenanti, sviluppo di sistemi di cattura locale delle polveri e strategie per ottimizzare lo stile di guida, riducendo così l’usura dei freni. Altri progetti, sempre in collaborazione tra il DII e Brembo, hanno continuato su questa linea. E numerosissimi altri progetti sono stati poi condotti nel mondo.
Oggi si è arrivati a un punto di svolta. L’Unione Europea ha introdotto la normativa Euro 7, che entrerà in vigore a dicembre 2026. Questa impone ai costruttori di automobili di limitare le emissioni di particolato dai freni a un massimo di 7 mg/km, valore che scenderà a 3 mg/km dopo il 2035. In base ai risultati delle ricerche, le strategie su cui le aziende si stanno concentrando includono:
La ricerca prosegue anche presso il DII, e le scadenze si avvicinano. Sul DII News continueremo a raccontarvi sviluppi e risultati.
Fig.1: Frammenti di usura del sistema frenante depositati su il cerchione di una vettura. I frammenti sono comparativamente grandi e neri perché ricchi di ossidi di Ferro.
Fig.2: Frammenti di usura del sistema frenante entrati in atmosfera (e raccolti mediante filtri particolari). I frammenti sono comparativamente piccoli.