Rivista di informazione del Dipartimento di Ingegneria Industriale

Università di Trento

Compositi intelligenti: interfacce più tenaci e capaci di autoripararsi

La sicurezza e la durabilità delle costruzioni sono temi che toccano direttamente la vita quotidiana di tutti noi. Dall’edilizia civile alle grandi infrastrutture, la capacità di un materiale di mantenere le proprie prestazioni nel tempo non è solo una questione tecnica ma anche sociale: proteggere persone e beni significa garantire stabilità, ridurre i costi di manutenzione e promuovere la sostenibilità.

In questo scenario si inseriscono i compositi fibrorinforzati (FRCs), materiali costituiti da fibre (vetro, carbonio, basalto) immerse in una matrice polimerica. Il loro successo è legato al rapporto favorevole tra resistenza meccanica e peso, che li rende ideali per applicazioni strutturali. Tuttavia, nonostante i vantaggi, questi materiali hanno un punto debole ben noto: l’interfaccia tra fibra e matrice.

L’interfaccia: il tallone d’Achille dei compositi

L’interfaccia è la zona di contatto tra fibra e matrice. Proprio qui, sotto carico, spesso si originano i fenomeni di distacco interfacciale (debonding). In pratica, anche se la fibra e la matrice rimangono integre, l’insieme può cedere in modo improvviso e catastrofico se l’adesione tra i due componenti è insufficiente. Questo rappresenta una criticità importante per l’uso dei compositi in applicazioni strutturali, dove la sicurezza non può essere compromessa.

La ricerca si è concentrata proprio su questo punto debole, affrontandolo da due prospettive complementari:

  1. Migliorare l’adesione fibra–matrice, per prevenire i cedimenti prematuri.
  2. Sviluppare interfacce autoriparanti, capaci di “guarire” quando si verifica un danno, prolungando la vita utile del materiale.

Tecniche innovative per rinforzare l’adesione

Per migliorare l’adesione sono stati esplorati due metodi originali.

  • Triboelettrificazione: le fibre di vetro sono state strofinate contro politetrafluoroetilene (Teflon) , generando cariche positive che hanno attratto nanofogli di ossido di grafene sulla superficie. Questo rivestimento ha creato un legame più forte e uniforme con la matrice, con un incremento dell’adesione interfacciale di circa +45%.
  • Trattamento laser CO₂: applicato a fibre di basalto, ha aumentato la rugosità superficiale creando microstrutture capaci di favorire l’ancoraggio meccanico con la matrice. In questo caso l’adesione è migliorata di circa +8%.

Questi due approcci, pur molto diversi tra loro, hanno mostrato risultati incoraggianti e hanno dimostrato che lavorare sull’interfaccia è una strategia efficace per migliorare le prestazioni dei compositi.

Un secondo filone di ricerca ha puntato su un obiettivo ambizioso: ottenere compositi autoriparanti, capaci di recuperare le proprietà interfacciali dopo un danno. L’idea è che un materiale possa “curarsi” grazie a rivestimenti polimerici applicati direttamente alle fibre.

Sono stati utilizzati rivestimenti di poli(ε-caprolattone) (PCL), un polimero termoplastico che può subire fusione reversibile mediante riscaldamento ad una temperatura relativamente bassa (circa 60 °C). Le fibre di vetro e di carbonio sono state rivestite in due modalità:

  • Film continuo di PCL, che ha raggiunto oltre il 90% di efficienza di autoriparazione.
  • Rivestimenti nanostrutturati di PCL, che hanno ottenuto il 100% di recupero delle proprietà interfacciali, ripristinando completamente l’adesione interfacciale.

Il risultato è notevole: significa che un danno che normalmente ridurrebbe drasticamente la vita utile del composito può essere annullato con un semplice trattamento termico, riducendo così costi di manutenzione e aumentando la sicurezza.

Verso applicazioni reali

Il passo successivo sarà testare queste interfacce in condizioni ambientali realistiche. Fattori come temperatura, umidità e cicli termici possono infatti influenzare fortemente le prestazioni a lungo termine dei materiali. Comprendere come queste variabili incidono sulle nuove soluzioni è fondamentale per passare dalla ricerca in laboratorio all’applicazione concreta in edilizia, infrastrutture e trasporti.

La ricerca, condotta dalla dottoranda Laura Simonini, è stata presentata al convegno AIMAT, dove ha ricevuto il premio come Miglior Tesi di Dottorato nell’ambito dell’Ingegneria dei Materiali.

IMMAGINI

Fig. 1: Laura Simonini in visita all’Università di Tampere in Finlandia.

Fig. 2: Modellazione FEM del distacco interfacciale.

Ricerca di:

Laura Simonini, Alessandro Pegoretti e Andrea Dorigato
Ingegneria dei Materiali
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