La natura offre esempi straordinari di autoriparazione: una ferita che si rimargina, un ramo che ricresce, una corteccia che si richiude. Da questi processi nasce una domanda che negli ultimi anni sta guidando molte ricerche in ambito ingegneristico: possiamo progettare materiali capaci di ripararsi da soli?
Su questa sfida si è sviluppato il mio dottorato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Trento, sotto la guida del prof. Alessandro Pegoretti e del prof. Andrea Dorigato, in collaborazione con le Università di Pisa e Napoli. L’obiettivo era ambizioso: realizzare materiali compositi autoriparanti, in grado di recuperare parte delle loro proprietà meccaniche dopo un danneggiamento, estendendo così la loro vita utile e riducendo costi e impatti ambientali.
Il lavoro si è concentrato sui compositi termoplastici, scelti per leggerezza, riciclabilità e flessibilità progettuale. La poliammide 6 (PA6) è stata modificata con agenti capaci di attivarsi in presenza di danno e temperatura.
La fase sperimentale non è stata priva di ostacoli: molte formulazioni iniziali mostravano scarsa compatibilità o un recupero insufficiente delle proprietà meccaniche. L’analisi delle fratture mediante microscopia elettronica è stata fondamentale per comprendere i meccanismi di fallimento e guidare le ottimizzazioni.
Al termine del percorso, è stato possibile ottenere una matrice polimerica in grado di recuperare fino all’82% delle proprietà meccaniche. Un risultato che conferma come l’autoriparazione nei polimeri non sia più solo un’idea, ma una prospettiva concreta.
Per applicazioni avanzate, la sola matrice polimerica non basta: servono rinforzi fibrosi.
La ricerca ha quindi esplorato compositi a base di fibra di carbonio in due configurazioni:
Una parte del lavoro ha riguardato anche i compositi termoindurenti, tradizionalmente difficili da autoriparare. Mediante l’inserimento di strati polimerici sottili ottenuti con manifattura additiva, è stato possibile ottenere laminati più resistenti alla propagazione delle fratture e capaci di recuperare proprietà anche dopo cicli multipli di danno e guarigione.
Il risultato di questo progetto è frutto di una solida collaborazione con i laboratori di Pisa, Napoli e Palermo, che ha permesso di integrare competenze di sintesi, caratterizzazione e lavorazione avanzata dei materiali.
È stato un percorso fatto di tentativi, fallimenti e successi improvvisi. Un cammino che insegna quanto la pazienza e la condivisione delle competenze siano elementi essenziali nella ricerca sui nuovi materiali.
Il progetto di ricerca ha inoltre aperto la strada alla mia esperienza come Laboratory Engineer presso Röchling Automotive, con attività di controllo qualità, analisi al microscopio e test avanzati per il settore automotive. Un passaggio fondamentale per connettere mondo accademico e applicazioni industriali.
Oggi il mio percorso prosegue nell’ambito dei materiali compositi per l’aerospazio, una delle aree più promettenti e affascinanti del settore. L’ingresso come specialista materiali in AVIO rappresenta un’opportunità per contribuire allo sviluppo di componenti più leggeri, resistenti e intelligenti per i sistemi di lancio.
I materiali autoriparanti non appartengono più alla fantascienza: sono una tecnologia emergente che potrebbe trasformare profondamente il modo in cui progettiamo e utilizziamo i materiali. Dalle auto agli aerei fino ai prodotti di uso quotidiano, l’autoriparazione apre la strada a sistemi più durabili, sicuri e sostenibili.
Il mio dottorato è stato un piccolo passo in questa direzione: un tentativo di tradurre l’ingegno della natura in soluzioni ingegneristiche innovative, al servizio dell’industria e della società.