In un contesto lavorativo sempre più instabile e in continuo cambiamento, la capacità di un’organizzazione di coltivare la creatività collettiva non è solo un valore aggiunto: è una vera e propria leva strategica. Questo vale in generale, ma diventa ancora più importante in ambiti come quello della ricerca, dove l’innovazione è la linfa vitale del lavoro quotidiano.
Partendo da queste premesse, un recente studio condotto da Stefano Cirella ha esplorato il rapporto tra insicurezza lavorativa e creatività collettiva. La ricerca si è concentrata su un grande istituto di ricerca italiano, noto per l’elevata presenza di contratti a tempo determinato e per una struttura organizzativa articolata. Attraverso una serie di interviste semi-strutturate condotte con figure professionali diverse — dai vertici del management ai ricercatori, fino al personale di supporto — sono emersi alcuni spunti fondamentali per comprendere meglio come si intrecciano precarietà e capacità di generare nuove idee in modo condiviso.
Uno dei risultati più significativi riguarda la percezione della perdita del lavoro. In particolare, chi lavora con contratti a tempo determinato spesso si sente meno motivato a proporre nuove idee, sapendo che potrebbe non avere il tempo o l’opportunità di svilupparle davvero. Questo frena la spinta creativa, soprattutto quando la scadenza del contratto si avvicina. Tuttavia, l’effetto non è uguale per tutti: chi ha già maturato esperienze in contesti flessibili, come il lavoro freelance, sembra vivere questa incertezza con maggiore serenità, riuscendo comunque a contribuire in modo creativo.
Un’altra questione delicata riguarda la possibilità di dover cambiare contenuti di lavoro, come ad esempio il passaggio a un nuovo ambito di ricerca. Alcuni professionisti li accolgono come una sfida stimolante, utile per rompere la routine e riattivare l’ingegno. Altri, invece, vivono queste transizioni come un peso: adattarsi continuamente può diventare stressante e rischia di compromettere la qualità e la continuità del contributo creativo.
Anche il carico di lavoro ha un ruolo centrale. Un carico eccessivo limita il tempo da dedicare alla riflessione e allo scambio di idee, aumentando il rischio di burnout. Un ritmo sostenibile e prevedibile, invece, aiuta a mantenere alta la motivazione.
Inoltre, l’insicurezza sulla progressione di carriera può ostacolare la collaborazione e influenzare negativamente il clima creativo, soprattutto se il sistema retributivo non è percepito come meritocratico.
Infine, i cambiamenti nei team o nella leadership generano reazioni diverse. Da un lato, la rotazione può arricchire le prospettive; dall’altro, la necessità di ricostruire relazioni e fiducia può rallentare i processi creativi condivisi.
Lo studio evidenzia come, in un contesto di crescente precarietà, servano strategie di gestione capaci di sostenere la creatività collettiva. Ciò implica investire in relazioni stabili, carichi di lavoro bilanciati e una leadership attenta all’ascolto. Solo così sarà possibile creare un ambiente fertile per l’innovazione, capace di trasformare le sfide dell’insicurezza in leve di cambiamento.
Il progetto, ancora in corso, rappresenta un punto di partenza per future analisi quantitative e longitudinali, utili a comprendere più a fondo come favorire la creatività nei contesti organizzativi complessi.