Rivista di informazione del Dipartimento di Ingegneria Industriale

Università di Trento

Onde gravitazionali dallo spazio: nuovi orizzonti per la fisica fondamentale

Dalla teoria di Einstein alle prime rivelazioni

Le onde gravitazionali, increspature dello spazio-tempo previste da Einstein oltre un secolo fa, hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo a partire dalla loro prima rivelazione nel 2015, grazie agli interferometri terrestri della collaborazione scientifica LIGO/VIRGO. Questa scoperta ha aperto una nuova finestra sul cosmo, permettendoci di osservare fenomeni prima inaccessibili e di indagare questioni fondamentali come la natura della gravità, l’origine dei buchi neri e l’evoluzione dell’universo.

I rivelatori a terra, tuttavia, soffrono di un limite intrinseco: il rumore ambientale terrestre, che oscura le sorgenti di onde gravitazionali a bassa frequenza (sotto 1 Hz circa), come i buchi neri supermassivi. Per superare questa barriera, la comunità scientifica sta sviluppando nuove tecnologie per rilevare queste onde direttamente dallo spazio, dove l’ambiente è immensamente più “silenzioso”.

La missione LISA e il banco di prova LPF

In questa prospettiva nasce LISA (Laser Interferometer Space Antenna), missione dell’Agenzia Spaziale Europea con lancio previsto per il 2035. LISA sarà il primo osservatorio spaziale dedicato alle onde gravitazionali e sarà composto da tre satelliti in orbita attorno al Sole, disposti in formazione triangolare a circa 2,5 milioni di km l’uno dall’altro. Dei fasci laser collegheranno i satelliti, misurando le piccolissime variazioni di distanza tra masse di prova in caduta libera all’interno delle navicelle, indotte dal passaggio delle onde gravitazionali.

Vista la complessità tecnologica, l’ESA ha anticipato la missione con un banco di prova: LISA Pathfinder (LPF), lanciata nel 2015 e operativa fino al 2017. L’Università di Trento ha avuto un ruolo di primo piano nella missione, con il Prof. Stefano Vitale come Principal Investigator, affiancato dai Professori Daniele Bortoluzzi, William Weber e Rita Dolesi.

L’obiettivo principale di LPF era dimostrare la possibilità di mantenere due masse di prova in caduta libera all’interno del satellite, isolandole da qualsiasi perturbazione esterna. La missione è stata un successo straordinario: non solo ha dimostrato la fattibilità, ma ha raggiunto una precisione nel misurare l’accelerazione delle masse dieci volte superiore alle specifiche richieste.

Le sfide del meccanismo di rilascio

Nonostante il successo, alcune sfide sono emerse. In particolare, il meccanismo incaricato di bloccare le masse al lancio e rilasciarle una volta in orbita non ha funzionato come previsto: i dati hanno mostrato velocità lineari e rotazionali delle masse diverse dalle attese nella maggior parte dei rilasci.

È proprio in questo contesto che si inserisce la presente ricerca, volta a fornire una comprensione chiara e affidabile della dinamica del meccanismo di rilascio di LPF. Comprendere a fondo il suo comportamento è cruciale, poiché lo stesso sistema verrà impiegato anche in LISA.

Il lavoro si articola in tre fasi principali:

  1. Sviluppo di modelli dinamici – gemelli digitali (Digital Twin) che riproducono il comportamento multi-fisico della versione di volo del meccanismo di rilascio.
  2. Identificazione dei fenomeni critici che influenzano il rilascio delle masse: adesione tra superfici del meccanismo e massa di prova, asimmetrie di movimento del meccanismo (velocità, ritardo temporale).
  3. Sviluppo di una tecnica innovativa per misurare con precisione l’impulso dovuto all’adesione, basata sull’analisi delle vibrazioni della massa di prova.

L’analisi statistica di questi contributi ha mostrato che la probabilità di un rilascio conforme ai requisiti è del 99,99%, a condizione che vengano evitate le anomalie osservate in LPF. Alcune delle modifiche proposte sono già in fase di implementazione in un prototipo, sviluppato in collaborazione con OHB-Italia.

Il lavoro continua: nei prossimi mesi sono previsti test intensivi per ottimizzare ulteriormente il meccanismo e garantirne l’affidabilità, in vista di una delle missioni più ambiziose mai intraprese nel campo della fisica fondamentale.


Focus Box 1 – Cosa sono le onde gravitazionali?

Le onde gravitazionali sono deformazioni dello spazio-tempo generate da eventi astrofisici estremi, come la fusione di buchi neri o stelle di neutroni. A differenza della luce o delle onde elettromagnetiche, non vengono assorbite né deviate dalla materia, e per questo portano informazioni “pure” sugli eventi che le hanno prodotte. Rappresentano quindi uno strumento unico per osservare l’universo.

Focus Box 2 – Perché LISA è diversa da LIGO?

LIGO (sulla Terra) misura variazioni di distanza dell’ordine di un millesimo del diametro di un protone, ma è limitato dal rumore sismico e ambientale e può osservare eventi ‘veloci’, cioè di durata ampiamente inferiore al secondo.
LISA, operando nello spazio, potrà osservare frequenze molto più basse, corrispondenti a eventi cosmici molto più ‘lenti’ e di scala maggiore (come fusioni di buchi neri supermassicci). I due strumenti non sono concorrenti, ma complementari: insieme permettono di esplorare lo spettro di eventi gravitazionali in tutta la sua ampiezza.


Nella foto del Team, da sinistra a destra: Daniele Bortoluzzi, Matteo Tomasi, Davide Vignotto, Abraham Ayele Gelan, Carlo Zanoni, Edoardo Dalla Ricca, Francesco Marzari. Del team fa parte anche Giuliano Agostini, non presente nella foto.

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Edoardo Dalla Ricca, Daniele Bortoluzzi
Meccatronica, Fisica
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