Ripensando al proprio percorso universitario, Francesco Riz lo descrive come un cammino costruito nel tempo «Penso che la mia formazione sia stata un percorso in continua evoluzione», racconta, «in cui la curiosità e il legame con la mia valle hanno avuto un ruolo fondamentale». Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria Industriale e la laurea magistrale in Mechatronics Engineering presso l’Università degli Studi di Trento, ha completato il dottorato di ricerca in Information Engineering and Computer Science nel giugno 2024. Da luglio dello stesso anno lavora nell’ufficio tecnico di un’azienda di impianti a fune al servizio dei comprensori sciistici dell’alta Val di Fassa, la valle in cui vive tuttora.
All’inizio del percorso universitario, l’obiettivo professionale non era ancora definito. A emergere, però, era una convinzione diffusa: “non troverai di certo lavoro alle pendici del Sella”. Una frase che ben rappresentava la difficoltà, almeno apparente, di conciliare una formazione ingegneristica avanzata con il desiderio di rimanere nella propria terra. Come spiega nel suo racconto, «con una naturale inclinazione verso lo studio teorico più che verso le applicazioni industriali, ho pensato per lungo tempo che il mio futuro sarebbe stato nella ricerca accademica».
Con il progredire degli studi e il passare degli anni, le priorità hanno iniziato a cambiare, sia sul piano professionale che personale. Il primo vero confronto con il mondo delle applicazioni pratiche è arrivato durante un’esperienza post-dottorato in un’azienda altoatesina. «Nonostante il livello avanzato del mio percorso e l’abilitazione alla professione di ingegnere che nel frattempo avevo conseguito, ho subito notato quanto fosse diverso l’ambiente aziendale e quante cose avessi ancora da imparare», racconta.
«Nel confronto quotidiano con altri ingegneri e tecnici del campo funiviario, ho scoperto un modo nuovo di apprendere, fatto di problemi concreti, soluzioni innovative e applicazioni reali», è in questo contesto che ha scoperto il valore delle cosiddette “quick and dirty solutions”: risposte rapide ed efficaci, talvolta meno eleganti dal punto di vista teorico, ma fondamentali per affrontare le esigenze pratiche del lavoro sul campo.
Il confronto tra il mondo accademico, conosciuto in profondità negli anni di studio e ricerca, e quello aziendale, in cui oggi opera, ha portato a una maggiore consapevolezza della complessità delle scelte che accompagnano il percorso formativo. Come osserva nel suo racconto, «la distanza tra il mondo accademico che ho iniziato a conoscere in profondità, e quello aziendale, in cui oggi lavoro, mi ha fatto capire che non è sempre facile compiere le scelte giuste durante il percorso, soprattutto quando la meta non è ancora chiara». Proprio per questo, emerge l’importanza di non limitarsi alle attività che promettono risultati immediati, ma di lasciarsi guidare anche dalla curiosità verso discipline meno esplorate, che possono rivelarsi decisive nel lungo periodo.
Riguardando alle esperienze universitarie, Francesco rivaluta in particolare il ruolo dei progetti pratici inseriti negli esami. A suo avviso, queste esperienze rappresentano un’occasione concreta per sviluppare competenze che trovano applicazione diretta nella professione: «Credo che rappresentino un’occasione unica per confrontarsi con problemi reali, imparare ad utilizzare nuovi strumenti e sviluppare la capacità di trovare soluzioni efficaci, proprio come ogni giorno è richiesto ad un ingegnere».